martedì 24 luglio 2012

I vigliacchi non pregano

1969, di Mario Siciliano. Con: Gianni Garko, Ivan Rassimov, Roberto Miali, Luciano Pigozzi, Elisa Montés.

Premessa: ho visto il film in condizioni a dir poco precarie, al limite del drammatico. Sono riuscito a reperire unicamente una sghembissima copia carbonara del film, composta da un tragico collage di, nell'ordine: versione doppiata in francese (tutto il prologo), pessima versione in italiano (ma nei limiti dell'accettabile) e, per concludere in bellezza, riversamento del filmato da videocassetta contenente spezzoni di film registrati da tv locale sconosciuta e dalla qualità audio/video che lascio immaginare al lettore (fuori dai limiti dell'accettabile). Il tutto, con audio altalenante nei picchi di volume e spesso e volentieri fuori sincrono, roba che a confronto i deliri di Ghezzi a Fuori orario sembravano acute lezioni di dizione.
Ciò detto, fosse stato un filmaccio da battaglia non me sarebbe importato un granché, ma dato che la pellicola, per quanto non troppo nota, è assolutamente di pregio e degna di considerazione (nonostante sia abbastanza evidente la scarsezza di mezzi con cui è stata girata), un po' le balle mi sono girate, mi si passi il francesismo.
Primo (e temo unico rimarcabile) film di Mario Siciliano dietro la macchina da presa (dopo essere stato il produttore - molto presente sul set, pare - di 7 Dollari sul rosso e 1.000 Dollari sul nero di Alberto Cardone), I vigliacchi non pregano è un'altra pellicola nerissima, che vede come protagonista uno straripante Gianni Garko. Le convenzioni vorrebbero che il protagonista fosse il "buono" Daniel, impersonato da Ivan Rassimov - al secolo Ivan Djerasimovic e qua accreditato come Sean Todd - ma in questo caso il personaggio positivo è a mio avviso secondario, plasmato con la finalità principale di rendere più agevole lo sviluppo delle caratteristiche del "cattivo". Questi - il perfido e sulfureo Bryan Clarke animato da Gianni Garko - non è però un villain convenzionale. È un personaggio sfaccettato, che all'inizio sembra essere solo la vittima di un sopruso, in conseguenza del quale ci si immagina una canonica vicenda di vendetta e rappresaglia, che tuttavia non prenderà mai forma.

Nel prologo, infatti, alcuni soldati nordisti, nonostante la Guerra si Secessione si sia conclusa, si introducono forzosamente in casa di Bryan uccidendone la moglie, dopo averne abusato, e ferendolo quasi mortalmente.
Quando il Nostro riprende conoscenza dopo alcuni giorni (grazie a Daniel, che lo salva quasi per caso) inizia un climax ascendente che disvela a poco a poco - allo spettatore ma, soprattutto, al suo salvatore, con il quale instaura inizialmente un rapporto di amicizia - la vera e crudelissima natura di Bryan, che sembra quasi voler utilizzare la rabbia per i tragici accadimenti e la spinta vendicativa (verso ignoti, atteso che durante il fattaccio ha parzialmente perso la memoria e non riesce a ricordare i volti del gruppo di assassini) quali alibi per poter finalmente mostrare, anche a se stesso, la sua vera natura, totalmente permeata dal male e votata alla commissione di crimini sempre più efferati.
La sua natura luciferina lo porterà, in una spirale di sempre maggior follia, ad uccidere volontariamente od involontariamente tutte le persone che intrattengono con lui delle relazioni umane ed evaporerà soltanto con il tragico epilogo, dopo un insolito duello esilmente illuminato dalle luci appena abbozzate di una miniera.

Memorabili anche gli altri duelli presenti nel film: uno, quasi surreale, si svolge in un stalla buia, al "chiaro di sigaro" (come teorizzato da Leone - celebri le sue discussioni con Clint Eastwood, che detestava il fumo ed era disgustato dal fatto di dover tenere costantemente il sigaro fra le labbra - ancora una volta il mezzo toscano è uno dei protagonisti di spicco del western all'italiana!); l'altro, contempla una folle roulette russa (due pistole caricate a salve, con un unico colpo mortale) pretesa da un invasato pastore per avere la prova divina della colpevolezza del figlio, in procinto di essere arrestato da Daniel, che è divenuto nel frattempo sceriffo, ad evidenziare ancor più l'allargarsi della forbice tra la sua moralità, convenzionale, e la psicotica natura di Bryan.
Daniel stesso alla fine, per poter neutralizzare la dilagante follia del Nostro, dovrà rinunciare alla stella appuntata sul petto: per sconfiggere il male, è necessario avvicinarsi alla sua aura, per poi rimanerne inevitabilmente marchiati: gran finale da tragedia greca.



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