mercoledì 25 luglio 2012

7 Dollari sul rosso

1966, di Alberto Cardone. Con: Anthony Steffen, Fernando Sancho, Roberto Miali, Elisa Montés, Loredana Nusciak, Bruno Carotenuto, Josè Manuel Martin.


Prima di puntare 1.000 Dollari sul nero, stravincendo, Alberto Cardone (prodotto in entrambi i casi da Mario Siciliano), tenta la fortuna sul rosso. Anche qua, l'allusione del titolo al gioco d'azzardo è un calembour: i 7 Dollari de quibus sono quelli che il perfido bandolero "Sciacallo" (Fernando Sancho) getta in segno di spregio sulla gonna purpurea della moglie di Johnny Ashley (Anthony Steffen, più sciolto del solito, in una delle sue migliori performance) dopo averla freddata, durante il prologo del film.
La prima parte della pellicola, invero, viaggia a tre cilindri. Risulta un po' raffazzonata, approssimativa e non così travolgente, pagando il combinato disposto del solito budget risicato e dell'evidente fretta con cui è stato girato (e montato) il film. Il vano girovagare di Johnny Ashley, assetato di vendetta ma, soprattutto, alla ricerca del figlio Jimmy di 2 anni, rapito dallo "Sciacallo", e le gesta di quest'ultimo appaiono un po' slegati e l'incedere narrativo sincopato, non riuscendo ad incanalare il film sul binario giusto.
Tutt'altra musica nella seconda metà dell'opera quando, dopo un'ellissi decisamente acrobatica, ci viene presentato Jimmy (Roberto Miali, ottimo nella parte) ormai adulto e convinto di essere figlio dello Sciacallo e della sua donna.
Da questo momento, la pellicola prende tutta un'altra piega, facendo proprio un ritmo incalzante e migliorando incredibilmente in ogni suo aspetto (fotografia, montaggio... perfino la colonna sonora di Francesco De Masi è più funzionale e coinvolgente!). Insomma, diventa - inaspettatamente - un bel film, con un drammaticissimo e bellissimo duello finale da tregenda, sotto la pioggia battente.
7 Dollari sul rosso può essere considerato il primo capitolo di una nerissima trilogia, composta dal presente film, dal già citato 1.000 Dollari sul nero e da I vigliacchi non pregano di Mario Siciliano (come accennato, già produttore - pare molto assillante e proattivo sul set - delle altre due pellicole).
L'dea di fondo, dichiarata sin dalla citazione biblica iniziale, dal libro di Salomone (che poi, mutatis mutandis, è di base il concetto ripreso e in un certo senso portato elle estreme conseguenze da Jean-Jaques Rousseau con il suo mito del buon selvaggio), è quella di ritagliare un intreccio narrativo poggiato sulla pessimistica idea che, per quanto puro alla nascita, l'uomo che viene a contatto con il male ne verrà irrimediabilmente contagiato e corroso, ed anzi - vedasi il caso di specie - diverrà ancora più malvagio dei suoi stessi mentori. Cruciale e sintomatico, in quest'ottica, il folle e spietato omicidio della matrigna compiuto da Jimmy sul tragico finale, prima dello straziante ed inevitabile scontro padre-figlio.
Fortissime le analogie con la conclusione degli altri due episodi della trilogia: in 1.000 Dollari sul nero sarà messo in scena un duello tra fratelli (Caino ed Abele, dove però a perire sarà uno psicotico Caino, interpretato da un memorabile Gianni Garko), mentre in I vigliacchi non pregano lo scontro rappresentato vedrà contrapposti due amici (con ancora uno strerpitoso Garko - un valore aggiunto, è d'uopo rimarcarlo - nella parte dello sfaccettatissimo villain), in contesti che fanno riecheggiare richiami tanto biblici (da Vecchio Testamento) quanto da tragedia greca.


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