lunedì 18 giugno 2012

Da uomo a uomo

1967, di Giulio Petroni. Con: Lee Van Cleef, John Phillip Law, Luigi Pistilli, Mario Brega, Anthony Dawson, Franco Balducci.

Bellissimo film di Petroni, uno dei migliori autori - e sottolineo, autore: qua non siamo di fronte alla classica e celebrata figura dell'abile artigiano del cinema, regina nel mondo degli "spaghetti" e di tutto il cinema di genere italiano degli anni '50, '60 e '70 - nell'ambito del western all'italiana per chi scrive, che almeno quattro grandi film li ha fatti (su cinque: una bella media), ognuno per altro assolutamente a sé stante dal punto di vista stilistico e dei contenuti, una scelta coraggiosa ed apprezzabile che ha però avuto l'effetto collaterale di far passare il regista un po' in secondo piano, per via del grossolano errore fatto da molti nel confondere l'eclettismo con la mancanza di personalità.
Come ha giustamente detto qualcuno, Da uomo a uomo potrebbe essere quasi considerato il quarto capitolo apocrifo della Trilogia del Dollaro leoniana, pur senza essere un mero esercizio di emulazione della cifra artistica di Leone stesso.

Fantastica, praticamente da antologia, l’apertura del film, nella quale Petroni mette in risalto le sue indiscutibili qualità dietro la macchina da presa: la scena del massacro notturno iniziale crea una tensione degna dei migliori thriller ed è magistralmente diretta.
Kill Bill Vol 1: O-Ren Ishii
E non che il resto del film sia da meno, con Lee Van Cleef in una delle sue migliori interpretazioni (al pari di quelle leoniane e di quella di Frank Talby ne I giorni dell'ira, di Tonino Valerii) ed un in un più che convincente John Phillip Law, a condurre le danze. Questi, può essere visto quasi come un acerbo "straniero senza nome". Mi sono immaginato la storia come una sorta di prequel delle vicende del cinico e gelido personaggio interpretato da Clint Eastwood, di quando cinico e gelido del tutto non lo era ancora e un nome ce l'aveva.
Pellicola citatissima da Tarantino nei suoi Kill Bill: le musiche - sublimi - di Morricone in primis, ma anche i flash back in rosso del protagonista quando reincontra uno ad uno i carnefici della sua famiglia e rivive le scene del massacro, l'dea stessa del bambino che assiste all'eccidio dei propri genitori (ripresa dal buon Quentin nella parte anime, quando racconta la storia di
O-Ren Ishii), i primissimi piani sugli stivali texani, il tema stesso della vendetta, narrativamente sviluppata come la lenta ricerca di un gruppo di persone da scovare una ad una molto tempo dopo il fatto di sangue scatenante.
In definitiva, uno di quei film che potrebbe (rectius: dovrebbe) piacere anche ai non appassionati del genere, financo ai detrattori.

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